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Ago 7, 2020

XIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 9 agosto 2020

Le letture di questa domenica presentano scene di teofania: il Signore si rivela spesso in modo diverso dalle nostre attese, ma viene incontro all’uomo specialmente nei momenti di necessità quando questi lo invoca con fede.
Nella prima lettura, tratta dal primo libro dei Re, c’è il racconto di Elia che perseguitato a morte da Gezabele, fugge fino al monte Oreb, dove ha un incontro con il Signore, che lo incoraggia a riprendere la sua missione.
Nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani, Paolo, di fronte al rifiuto di Israele a riconoscere in Gesù il Messia, manifesta il suo profondo dolore fino ad accettare di essere separato da Cristo a vantaggio dei propri fratelli.
Il Vangelo di Matteo, ci presenta Gesù che cammina sulle acque. L’apostolo Pietro che aveva chiesto a Gesù di poterlo raggiungere, si fa vincere dalla paura di affogare e grida aiuto. Poi c’è quel gesto di Gesù che lo afferra per mano, e quel suo dolce rimprovero, che raggiunge anche noi: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Dal primo libro dei Re
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
1Re19,9.11-13

Elia,vissuto nel IX secolo a.C., fu un grande profeta che svolse la sua missione sotto Acab, re d'Israele, che regnò nella nuova capitale Samaria dall'875 all'854 a.C.. Elia risuscitò il figlio della vedova di Sarepta che lo ospitava durante una carestia; ultimo fedele al Dio di Abramo, sfidò e vinse i profeti del dio Baal sul monte Carmelo e dimostrò la potenza di Dio accendendo, con la preghiera, una pira di legna verde e bagnata, suscitando le ire della regina Gezabele, moglie di Acab, che voleva la sua morte. Elia impaurito fugge al sud, desideroso di lasciarsi morire. Ma un angelo del Signore interviene e lo invita a mangiare un cibo che appare in modo misterioso.
Il brano molto breve che abbiamo ci racconta che Elia entrò in una caverna per passarvi la notte. La caverna, evoca raccoglimento, ma anche isolamento e chiusura. Il profeta è tutto preso dai suoi problemi, quasi ripiegato su se stesso nel ventre oscuro della terra. In quel contesto di buia angoscia si fa udire la voce del Signore. Nei versetti non riportati nel brano il Signore interroga il profeta sulle sue motivazioni: “Che fai qui, Elia?”. Egli risponde, rivelando il proprio stato d'animo e dice “Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita” . Ha dunque tutte le sue buone ragioni per essere così infuriato.
Il Signore gli risponde con due imperativi essenziali. “Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore”
E' molto di più di un semplice ordine: Esci e fèrmati . Sono comandi fondamentali, rivolti a un uomo “chiuso” in se stesso e nel proprio problema. Il Dio dell'esodo invita sempre i suoi fedeli ad “uscire” fuori di sé e andare oltre i propri problemi. “Fermati”,ha anche un importante precisazione “alla presenza del Signore”. Il profeta è invitato dunque a resistere con forza a rimanere davanti al Signore, cioè a porsi con decisione in ascolto di Lui, con atteggiamento docile di chi accetta di imparare. “Ed ecco che il Signore passò”.
Elia aspetta che Dio si manifesti nelle forze della natura nel vento impetuoso che squassa i monti, nel fuoco e nel terremoto, cioè secondo schemi personali e tradizionali.
Infatti incendi, tempeste, terremoti ed eruzioni vulcaniche, erano la cornice popolare entro cui si verificavano le apparizioni divine. Isaia infatti afferma: Il Signore farà udire la sua voce maestosa e mostrerà come colpisce il suo braccio con ira ardente,in mezzo a un fuoco divorante,tra nembi, tempesta e grandine furiosa (Is 30,30) ed anche il salmo 29, il più antico. dice: “Il Signore tuona sulle acque,il Dio della gloria scatena il tuono,il Signore, sull’immensità delle acque. Il Signore tuona con forza, tuona il Signore con potenza.”
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera.
Elia vede verificarsi tutti questi avvenimenti, ma sente che il il Signore non era nel vento, non era nel terremoto, non era nel fuoco.
E' evidente l'intento di insegnare che il Signore si manifesta in altro modo rispetto a come l’uomo lo può immaginare,. Dio infatti sceglie di presentarsi ad Elia nella tranquillità e nella pace, nel “sussurro di una brezza leggera ” E il profeta, come l’udì, si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Elia riconosce tale presenza, si coprì il volto, “perché nessun uomo può vedere Dio e restare vivo” (Es 33,20), , obbedisce, esce e sta fermo davanti al Signore, lo accoglie e si lascia cambiare.
Il modo della divina rivelazione è descritto con un'espressione ebraica qol demamah daqqah = Qol : vuol dire "voce, suono"; demamah : “silenzio” ; daqqah “sottile” = Voce di silenzio sottile.
Questo fa capire che Dio è una voce che ha il suo vertice, non nel clamore, bensì nel silenzio, nel mistero, nella trascendenza. La parola di Dio si percepisce nel silenzio lieve di una presenza che ama senza limite..

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio,
il Signore: egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino

Il salmista ricorda come Dio ha ricondotto "hai ristabilito la sorte di Giacobbe" da Babilonia. I peccati commessi Dio li ha perdonati, mettendo fine alla sua grande ira.
Questa memoria del perdono di Dio alimenta nel salmista la fiducia che Dio perdonerà le mancanze del popolo, che, ritornato nella Giudea, dimostra tiepidezza nei confronti di Dio e per questo incontra sofferenze (Cf. Ag 1,7).
Il salmista, fortificato dal ricordo della misericordia di Dio, innalza quindi la sua supplica: ”Ritorna a noi, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi".
Il salmista passa a considerare le profezie, ad ascoltare “cosa dice Dio”, e conclude che Dio presenta un futuro di pace “per chi ritorna a lui con fiducia”. Egli guarda ai tempi messianici, e può dire che “la sua gloria abiti la nostra terra” (Is 60,1s); e che “amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. “Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo”, quando verrà il Messia. La sua presenza farà si che “la nostra terra darà il suo frutto”, cioè il frutto di santità per il quale Israele è stato creato. Davanti al “bene” che Dio elargirà, cioè il Messia, “giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino”.
Commento di P.Paolo Berti

Dalla lettera di S.Paolo Apostolo ai Romani
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
Rm 9,1-5

L’apostolo Paolo nella terza parte della lettera ai Romani (cc. 9-11), affronta la grande obiezione che poteva essere sollevata, contro la dottrina della giustificazione mediante la fede: come mai la salvezza portata da Gesù Cristo, non è stata accettata proprio dal popolo al quale per primo era stata promessa?
Paolo anzitutto dimostra che il modo in cui si è attuata la salvezza non mette in questione la fedeltà di Dio; poi sottolinea come sia stato proprio Israele a escludersi dalla salvezza per la sua infedeltà; infine egli mostra che di fatto, malgrado le apparenze, la salvezza non si attua senza la partecipazione del popolo di Israele.
In questo brano Paolo afferma: “dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.” Ciò che Paolo intende affermare con tanta forza è la grande sofferenza che prova dal più profondo del cuore. Si comprende che questo dolore deriva dal fatto che i suoi connazionali giudei sono in gran parte separati da Cristo.
Infatti egli vorrebbe essere persino anàtema,(scomunicato) separato da Cristo se ciò portasse qualche vantaggio a coloro che egli considera ancora come “fratelli” e suoi consanguinei “secondo la carne”.
Qui si potrebbe anche cogliere in Paolo il mistero stesso di Gesù, il suo inabissarsi nella povertà della condizione umana fino alla morte in croce.
Il distacco dei giudei da Cristo è tanto più doloroso per Paolo in quanto essi sono stati dotati di numerosi privilegi: essi hanno l’onore di chiamarsi e di essere “israeliti e hanno l’adozione a figli,” hanno sperimentato la presenza “la gloria” di Dio in mezzo a loro, “le alleanze”, spesso ripetute nel corso della storia sacra, “la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi.
Soprattutto da essi proviene Cristo “secondo la carne”, cioè in base alla sua origine naturale (1,3). C’è poi al termine del brano l’affermazione massima di Paolo nei confronti di Gesù: “egli è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.” E’ rara l’attribuzione a Gesù del nome diretto di “Dio”, e qui Paolo lo dichiara.
Noi cristiani parliamo a volte genericamente di Dio, ma se siamo veramente cristiani dovremmo sempre affermare che per noi “Gesù è Dio”. Dovremmo avere il coraggio e l’ardire di gridare il Suo nome – di uscire allo scoperto manifestando la nostra fede in Gesù, “Dio benedetto nei secoli

Dal vangelo secondo Matteo
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Mt 14, 22-33

Questo brano del Vangelo di Matteo viene subito dopo l’evento della moltiplicazione dei pani e dei pesci. I discepoli e anche il popolo, sono sazi e soddisfatti, ma la loro soddisfazione umana non dura molto,
Il brano inizia riportando che “Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla.”
Appena sfamata la folla, Gesù non si intrattiene di più, non desidera nessuna acclamazione. Egli "congeda" la gente, la manda a casa dopo averla saziata. Poi Gesù "costringe" i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva.
“Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo”. Dopo aver congedato la folla Gesù va in un luogo in disparte a pregare, così come aveva programmato di fare prima che tutta quella gente lo raggiungesse.
“La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario”.
A questo punto il racconto si sposta sui discepoli. Loro sono con la loro barca nel bel mezzo del lago, sono lontani dalla riva e combattono contro le onde. Come pescatori conoscono benissimo il lago con tutte le sue correnti e sono ben abituati a navigare; le onde però hanno ora il sopravvento sulla barca, la situazione diventa difficile e Gesù non è con loro
“Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Sul finire della notte capita l’imprevisto, Gesù va verso di loro camminando sulle acque, ma i discepoli non lo riconoscono e si spaventano da morire, e pensano prima a un fantasma e non al loro Signore
E come una volta l’angelo sul campo ha detto ai pastori: “Non temete!” così parla adesso Gesù al gruppo dei dodici: “Coraggio, sono io; non abbiate paura!”
Ora l’attenzione si sposta su Pietro che chiede “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Possiamo chiederci perché Pietro ha chiesto a Gesù di farlo venire con lui sulle acque? Probabilmente Pietro sarà stato dubbioso circa la reale presenza di Gesù (infatti dice: se sei tu..."), perciò la sua iniziativa riflette una volontà di mettere alla prova il Signore, di svelarne la presenza, di costringerlo a scoprirsi. Emerge ancora una volta l'impetuosità del carattere di Pietro.
E quando Gesù “gli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.”
Pietro è fuori dalla barca, che gli dava almeno un po’ di sicurezza (se lo vediamo con occhi umani) e si trova nel bel mezzo di un mare di paura. La barca è lontana, si sente solo, non trova più niente dove aggrapparsi, vede le onde che lo sommergono e cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».
Gesù non fa sparire né le onde, né la tempesta, ma si rende subito presente, afferra la mano di Pietro e la tiene ben stretta e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»..
Gesù chiama Pietro “uomo di poca fede“, ma Pietro non è "diffidente", come invece si erano dimostrati i compaesani di Gesù, ma uno che deve ancora crescere, maturare nella fede come ognuno di noi.
“Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».”
Quando Gesù e Pietro salgono sulla barca il vento cessa e il mare si placa, come nell'episodio simile della tempesta sedata. Allora "quelli che stavano sulla barca" (cioè i discepoli) escono in una solenne confessione messianica, anticipatrice di quella che farà più tardi Pietro in Mt 16,16. Essi riconoscono Gesù come il Figlio di Dio e si prostrano davanti a lui. Quello di prostrarsi è l'unico gesto autentico che si può compiere davanti a Gesù. Lo avevano fatto i Magi, lo faranno le donne quando incontreranno Gesù risorto.
Quante volte nel mare della nostra la vita un vento impetuoso ci poteva fare affogare. Non scorgevamo intorno a noi nessuno che ci potesse aiutare per non finire nel buio, in un gorgo risucchiante. Come ultima speranza, la nostra fede, più piccola di un granello di senape, ci ha permesso di gridare: “Signore Gesù salvami!” Ed è proprio là che il Signore Gesù ci ha raggiunto, al centro di quella nostra debole fede. Ci ha raggiunto: non ha puntato il dito per accusarci, ma ci ha teso la mano per afferrare la nostra, e tramutare la nostra paura in abbraccio.

Origene, (II-III sec) riguardo a questo brano ha lasciato questo commento:
“Se un giorno ci troveremo alle prese con inevitabili e implacabili tentazioni, ricordiamoci che Gesù ci ha obbligati ad imbarcarci
e vuole che da soli lo precediamo sulla riva opposta.
Quando, in mezzo alle tempeste delle sofferenze, avremo passato tre quarti dell’oscura notte che regna nei momenti della tentazione, lottando il meglio possibile e sorvegliando per evitare il naufragio della fede, siamo sicuri che, al sopragggiungere dell’ultimo quarto di notte, quando la tenebra sarà ormai avanzata e il giorno vicino, accanto a noi arriverà il Figlio di Dio, per renderci il mare benigno, camminando sui flutti.
E anche noi cammineremo con lui sulle onde della tentazione, del dolore e del male”



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“Oggi la pagina del Vangelo descrive l’episodio di Gesù che, dopo aver pregato tutta la notte sulla riva del lago di Galilea, si dirige verso la barca dei suoi discepoli, camminando sulle acque. La barca si trova in mezzo al lago, bloccata da un forte vento contrario.
Quando vedono Gesù venire camminando sulle acque, i discepoli lo scambiano per un fantasma e si impauriscono. Ma Lui li rassicura: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro, col suo tipico impeto, gli dice: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque»; e Gesù lo chiama «Vieni!» . Pietro scende dalla barca e si mette a camminare sull’acqua verso Gesù; ma a causa del vento si agita e comincia ad affondare. Allora grida: «Signore, salvami!», e Gesù gli tende la mano e lo afferra.
Questo racconto del Vangelo contiene un ricco simbolismo e ci fa riflettere sulla nostra fede, sia come singoli, sia come comunità ecclesiale, anche la nostra fede di tutti noi che siamo qui, oggi, in Piazza. La comunità, questa comunità ecclesiale, ha fede?
Come è la fede in ognuno di noi e la fede della nostra comunità?
La barca è la vita di ognuno di noi ma è anche la vita della Chiesa; il vento contrario rappresenta le difficoltà e le prove. L’invocazione di Pietro: «Signore, comandami di venire verso di te!» e il suo grido: «Signore, salvami!» assomigliano tanto al nostro desiderio di sentire la vicinanza del Signore, ma anche la paura e l’angoscia che accompagnano i momenti più duri della vita nostra e delle nostre comunità, segnata da fragilità interne e da difficoltà esterne.
A Pietro, in quel momento, non è bastata la parola sicura di Gesù, che era come la corda tesa a cui aggrapparsi per affrontare le acque ostili e turbolente. È quanto può capitare anche a noi. Quando non ci si aggrappa alla parola del Signore, per avere più sicurezza si consultano oroscopi e cartomanti, si comincia ad andare a fondo. Ciò vuol dire che la fede non è tanto forte.
Il Vangelo di oggi ci ricorda che la fede nel Signore e nella sua parola non ci apre un cammino dove tutto è facile e tranquillo; non ci sottrae alle tempeste della vita. La fede ci dà la sicurezza di una Presenza, la presenza di Gesù che ci spinge a superare le bufere esistenziali, la certezza di una mano che ci afferra per aiutarci ad affrontare le difficoltà, indicandoci la strada anche quando è buio.
La fede, insomma, non è una scappatoia dai problemi della vita, ma sostiene nel cammino e gli dà un senso.
Questo episodio è un’immagine stupenda della realtà della Chiesa di tutti i tempi: una barca che, lungo l’attraversata, deve affrontare anche venti contrari e tempeste, che minacciano di travolgerla. Ciò che la salva non sono il coraggio e le qualità dei suoi uomini: la garanzia contro il naufragio è la fede in Cristo e nella sua parola. Questa è la garanzia: la fede in Gesù e nella sua parola. Su questa barca siamo al sicuro, nonostante le nostre miserie e debolezze, soprattutto quando ci mettiamo in ginocchio e adoriamo il Signore, come i discepoli che, alla fine, «si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!”» . Che bello dire a Gesù questa parola: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!”. La diciamo insieme, tutti? “Davvero tu sei il Figlio di Dio!”.
La Vergine Maria ci aiuti a perdurare ben saldi nella fede per resistere alle bufere della vita, a rimanere sulla barca della Chiesa rifuggendo la tentazione di salire sui battelli ammalianti ma insicuri delle ideologie, delle mode e degli slogan.”

Papa Francesco Parte dell’Angelus del 13 agosto 2017

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