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Giu 21, 2017

Dar da bere agli assetati

Continuiamo la riflessione sulle opere di misericordia come ha chiesto Papa Francesco. E’ da sottolineare la delicatezza della richiesta: il Santo Padre ci invita a riflettere, non ci chiede delle proposte di risoluzione o dei piani operativi ma solo di considerarle, di pensarci e pone ognuno davanti alla propria coscienza ed alle proprie responsabilità.

Rispettare la seconda opera corporale, dar da bere agli assetati, ha come conseguenza l’ereditare il Regno perché il Padre dirà “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Questa pratica caritativa spesso, nella tradizione della Chiesa, è unita al “dar da mangiare agli affamati”, quasi a considerarla di minore importanza. E’ noto che il nutrirsi è un bisogno primario ma il bere è ancora più importante: l’uomo può resistere più di quaranta giorni senza mangiare ma non più di sette senza bere. I medici dicono, inoltre, che la morte per disidratazione è preceduta da una lunga e dolorosissima agonia. Agar, nel deserto, nasconde Ismaele sotto un cespuglio perché non ha il coraggio di vedere il proprio figlio morire di sete (Gen. 21, 15-16)... Ma Dio lo salva. 

E’ difficile per noi che abitiamo nell’emisfero settentrionale, solcato da grandi fiumi e ricco di sorgenti, immaginare che ci siano popolazioni che soffrono la sete o che rischiano di morire per mancanza d’acqua. Eppure, oltre un miliardo di persone non dispone di acqua potabile e, di queste, cinque milioni (1,6 sono bambini) muoiono a causa dell’acqua inquinata.

SIMBOLOGIA DELL’ACQUA

Nella Bibbia, dove sono narrate le vicende del popolo d’Israele che vive in luoghi aridi e deserti, il problema dell’acqua è sempre presente. L’acqua rappresenta la benedizione di Dio al suo popolo fedele mentre la disobbedienza si concretizza nell’arsura e nella siccità. Isaia paragona la Parola di Dio alla pioggia ed alla neve che scendono dal cielo per fecondare la terra (Is. 55,10-11). Anche molti salmi si riferiscono all’acqua e comparano il suo valore vivificante all’amore di Dio: per esempio quello che paragona l’uomo che vive nella legge del Signore ad un albero che cresce rigoglioso perché piantato lungo un fiume, un altro descrive il Signore come il buon pastore che conduce le pecore ad acque tranquille, ancora quello in cui il salmista dice "ha sete di Te l’anima mia come terra assetata e senza acqua", mentre in un altro si legge che l’uomo alla ricerca di Dio è come una cerva che anela ai corsi d’acqua...

Proprio perché l’esperienza dolorosa della sete e della siccità lo ha segnato duramente, nella cultura del popolo ebraico vi sono molte esortazioni a dar da bere a chi ha sete e a non rifiutarlo nemmeno al nemico (Pr. 25,21).

 

LA SETE DI GESU’

Nel Vangelo, Giovanni racconta di Gesù che, con i suoi apostoli, attraversa l’arida zona della Samaria e giunge alla città di Sicar. Affaticato, si siede presso il pozzo ed assetato chiede ad una donna che sopraggiunge “Dammi da bere”. Tutti conosciamo il dialogo tra Gesù e la samaritana e ciò che Lui le promette: “Chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi l’acqua che io gli darò diventerà per lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv. 4, 13-15). E’ evidente che Gesù parla di un’altra sete e di un’altra acqua: la sete di amore, la sete di perdono, la sete di misericordia, la sete di pace della quale tutti soffriamo e della Sua acqua di cui tutti abbiamo bisogno e senza la quale non possiamo vivere perché non si può vivere senza amare e senza sentirsi amati e Dio è Amore.

Gesù chiede da bere ma dona un’acqua che “segna l’inizio dell’umanità nuova, libera dalla corruzione e dal peccato” (Cfr. Liturgia della veglia pasquale).
Nella simbologia assume un significato determinante come scrive l’apostolo Pietro Quest’acqua, come immagine del Battesimo, ora salva anche noi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della Resurrezione di Gesù Cristo (1Pt. 3,21).

Gesù sulla croce, poco prima di spirare dice “Ho sete”. Una richiesta prettamente umana, giustificata dalle torture subite e dall’apprestarsi della fine. Probabilmente molti di noi hanno assistito un caro che stava per lasciarci e sappiamo con quanto amore e delicatezza gli abbiamo inumidito le labbra per alleviargli l’arsura: a Gesù invece sono stati dati acqua e aceto!

Madre Teresa di Calcutta scrive alle sue figlie di non disgiungere mai le frasi ho sete e l’avete fatto a me, sintetizzando che Gesù promette la vita eterna a chi nel suo nome compie un atto di carità anche piccolo e trascurabile come il dare un bicchiere d’acqua ma acquista un valore infinito se, nell’assetato di qualsiasi tipo di sete che lacera l’umanità si vede il volto di Cristo.

 

LA QUESTIONE DELL’ACQUA

Dicevamo all’inizio che la fruibilità dell’acqua non è uguale in tutto il mondo. L’acqua sta diventando sempre di più un bene prezioso ed è definito l’oro blu ed è di tutti, pertanto non può essere mercificata né tantomeno privatizzata. A tal proposito papa Francesco nell’enciclica Laudato sì scrive: “L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto essenziale, fondamentale ed universale perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani” (30).

Offrire da bere è segno di ospitalità, di amicizia e di condivisione ed è impensabile e fuori dai nostri schemi comportamentali e sociali ipotizzare che si possa negare un bicchiere d’acqua. Proprio perché a noi, forse, non sarà mai chiesta questa carità cerchiamo di contribuire affinché i missionari e le varie associazioni di volontariato abbiano i mezzi per scavare pozzi, incanalare l’acqua per irrigare i campi, allevare il bestiame, insomma per potenziare la vita e promuovere lo sviluppo.

Rispettiamo di più l’acqua ed impariamo a risparmiarla e, quando la usiamo, ricordiamoci di quel “ho sete” che rimbomba nel mondo.

Laici Salettini

10019

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(Papa Giovanni XXIII)

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